I grassi sono essenziali per il nostro organismo, ma devono essere mantenuti entro certi limiti. Quando si parla di condizioni associate ad aumento dei grassi nel sangue, spesso ci si riferisce alla sola ipercolesterolemia, ossia l’aumento dei livelli colesterolo, dimenticandosi tuttavia che esiste un altro tipo di grasso il cui aumento può causare problemi alla salute: i trigliceridi. In questo articolo vedremo cos'è l'ipertrigliceridemia, quali sono le sue cause e le sue conseguenze, e come si può prevenire e trattare questa condizione.
I trigliceridi sono lipidi (quindi grassi) che provengono per la maggior parte dai cibi che mangiamo e in minima parte dal fegato. La loro struttura chimica ricorda la testa di un tridente, con i tre denti costituiti da altrettanti acidi grassi, uniti trasversalmente da una molecola di glicerolo.
I trigliceridi sono i grassi presenti in maggior quantità nel corpo umano.01
Anche i trigliceridi, come il colesterolo, svolgono un ruolo importantissimo nell’organismo e soltanto il loro eccesso si traduce in una minaccia. Il ruolo dei trigliceridi è infatti quello di accumulare un tipo di energia molto meno “pronta all’uso” rispetto a quella originata dagli zuccheri ma molto più immagazzinabile, vantaggio non trascurabile.
Spesso trigliceridi e colesterolo sono citati insieme, perché entrambi questi tipi di grassi possono avere un impatto negativo sulla salute se presenti in quantità eccessiva.02 03 Tuttavia esistono molte differenze tra loro.
Mentre i trigliceridi costituiscono una riserva energetica per l’organismo, il colesterolo non serve ad accumulare e produrre energia, ma è un costituente essenziale delle membrane delle cellule e viene utilizzato per sintetizzare alcuni ormoni, la vitamina D e la bile.01 04
Inoltre, il colesterolo e i trigliceridi vengono trasportati nel sangue legati a lipoproteine differenti: il colesterolo viaggia legato alle LDL (lipoproteine a bassa densità) e alle HDL (lipoproteine ad alta densità), mentre i trigliceridi sono trasportati nelle vene e nelle arterie legati ai chilomicroni e alle VLDL (lipoproteine a densità molto bassa).04 05
La trigliceridemia è la concentrazione di trigliceridi nel sangue, misurata in milligrammi per decilitro (mg/dL). L’ipertrigliceridemia è la presenza di una trigliceridemia troppo elevata, tanto da rappresentare un rischio potenziale per la salute.05
Per misurare la trigliceridemia basta un semplice esame del sangue effettuato a digiuno. Secondo la Società Europea di Cardiologia (ESC) sono considerati normali valori di trigliceridemia inferiori ai 150 mg/dL. Valori compresi tra i 150 gli 880 mg/dL, invece, indicano una ipertrigliceridemia da lieve a moderata. Se si superano gli 880 mg/dL, infine, ci si trova in presenza di ipetriglilceridemia grave.06
L’aumento di trigliceridi, molti anni fa, non preoccupava quasi per nulla il medico perché solo aumenti molto cospicui (fortunatamente rari!) esponevano al rischio di pancreatite acuta. Recentemente, si è invece visto che l’ipertrigliceridemia, anche quando non raggiunge i livelli elevatissimi (>800mg/dl) da pancreatite, rappresenta, analogamente all’ipercolesterolemia, un fattore di rischio indipendente per la vasculopatia aterosclerotica.
Si è scoperto, infatti, che i trigliceridi possono contribuire in modo importante alla formazione delle placche aterosclerotiche, che possono ostruire i vasi sanguigni provocando malattie gravi come l’infarto miocardico, l’ictus o le malattie vascolari periferiche. I trigliceridi agirebbero aumentando il livello di infiammazione presente nella sottile membrana che riveste i vasi sanguigni, detta endotelio.01
Quindi, neanche chi ha colesterolemia bassa può abbandonarsi a pasti luculliani o a libagioni da baccanale, che, del resto, sono sempre meno a potersi permettere!
L’aumento di trigliceridi può avere cause genetiche o cause dovute ad alimentazione e stile di vita non salutari; le prime provocano ipertrigliceridemie più gravi ma, fortunatamente, sono molto meno comuni.
Un’alimentazione non salutare che provoca ipertrigliceridemia è rappresentata da un eccessivo consumo di pane/pasta, cibi ipercalorici (dolci e alimenti grassi) e bevande alcoliche. Lipidi, carboidrati, zuccheri semplici e alcool sono infatti tutti nutrienti che vengono convertiti dal fegato in trigliceridi.
La mancanza di attività fisica non permette di bruciare i grassi che, trasformandosi in trigliceridi che aumentano sempre di più, fino a diventare in eccesso, determinano un accumulo di adipe.
Una menzione a parte merita l’insorgenza di ipertrigliceridemia provocata da altre patologie metaboliche, come il diabete mellito (sia di tipo 2 che di tipo 1), la gotta, la glicogenosi oppure patologie endocrine, come l’ipotiroidismo o l’iperestrogenismo. Anche malattie autoimmunitarie (come il Lupus Eritematoso) oppure neoplastiche (mieloma) si accompagnano a ipertrigliceridemia. Tutte queste patologie, infatti, sono correlate ad un’aumentata formazione oppure a ridotta eliminazione di trigliceridi o ad entrambe le alterazioni.
Infine, l’ipertrigliceridemia può essere causata anche da farmaci come diuretici o beta-bloccanti che, come tanti altri, interferiscono con il metabolismo dei trigliceridi.
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